E voi abboccate. Tutti noi abbocchiamo. Il dramma di un sistema la cui irreversibilità è ormai conclamata, però sta nel farsi piacere l'esca; perché è meglio mangiare un boccone se te lo trovi davanti. Altro che vagare per l'azzurro mare che è la vita, sul foglio excel posso calcolarne l'incertezza e le aspettative in un batter d'occhio (o di pinna se sono un sub). Bugia. In questo momento pecco di parossismo immaginifico.
L'esca è il denaro, il pesce non è il Trota per una volta, ma tutti quei consulenti pagati a partita iva che sono senza diritti, ma con un sacco di doveri, soprattutto morali e autoimposti e che nuotano nell'occhio del ciclone, là dove c'è calma apparente, pensando che sarà bellissimo poter surfare quelle onde immense che arrivano da est. Illusi, vi farete male.
La domanda e l'offerta sono la base, la concezione postmoderna di soddisfazione personale è il motore, la rotta intrapresa anni fa - quando non si sapeva bene dove andare a parare, non si poteva fare quello che si sarebbe voluto e si è scelto cosa studiare a casaccio, pensando che quelle fossero facoltà più "sicure" - sono il mezzo. Poi ci si è trovati immersi in una melma in cui difficilmente si riesce a uscire. Erano sicure solo perché sapevamo come sarebbe andata a finire già da prima.
Di chi è la colpa? Bella domanda. Io non lo so.
So solo che la rovina della nostra generazione, di chi ha 30 anni, è la partita iva, la collaborazione, l'incertezza nata dall'eccesso di faciloneria nella certezza dei nostri padri. Non siamo pronti per tutto questo. I nostri fratelli minori forse lo saranno, sono più svegli. Noi siamo le cavie di un mondo la cui precarietà è consuetudine; perché di consuetudine si tratta, non di legge. È reversibile, ma pensiamo di no. Me l'hanno fatto notare, hanno ragione, hanno sempre ragione quelli che ci sguazzano da più tempo e non se lo meritano.
Non c'è nessuna legge scritta, nessun contratto in cui si dice: tu hai un costo per il cliente, del prezzo che il cliente paga, però riceverai meno del 10%, il resto lo prendo io (risata maligna). In cambio di questo, inoltre, io ti do la possibilità di essere un "libero professionista", non ti serve l'articolo 18, figuriamoci se serve a me, ma non sarai mai veramente libero, perché gli altri tuoi colleghi, altrettanto "liberi", faranno inconsciamente quello che io non ti faccio per contratto, ti incastreranno e ti legheranno a me con delle catene fatte di timori, sciocchi arrivismi, tristi mancanze di alternative, ti scheduleranno le vacanze, anche se sulla carta non hai né ferie, né malattie, né diritti di genere e ti obbligheranno a lavorare ore e ore perché loro non hanno bisogno di correre a casa quando fuori è iniziata la primavera.
Allora dici: «Ma perché non posso andare a lavorare direttamente dal cliente, avere orari normali e farlo pagare di meno, incassando tutto io?» Perché il cliente non è scemo. Sì, risparmierebbe, ma la responsabilità di quello che ti farà fare, se lavori da lui, sarà sua, mentre ora è tua e della società a cui si è affidato e che ti ha dato questa bellissima chance. Sanno che ti faranno fare cose che - almeno eticamente - potrebbero essere poco chiare e soggette a controlli, indagini, giudizi. Quindi tu devi stare lì e sobbarcarti il peso, sono loro che pagano. Hai visto che culo che hai?
Non lo sai che oggi è iniziata la primavera? No che non lo sai. Se lo sapessi, se riuscissi a guardare oltre il monitor che hai davanti in quella stanza con decine di persone, sapresti che in primavera ci si ribella, si rinasce. Vorresti, eh?
Non puoi, ora hai la pausa sigaretta, goditela.